Pensavo fosse un comico, una scimmia urlatrice scappata dal suo habitat naturale, un guitto dalle adenoidi rigonfie. E invece mi trovo a dover ammettere che Grillo è un politico con due o tre spanne di pelo – temo che in questo caso metafora e realtà collimino – sullo stomaco. Ottenuto un insperato trionfo elettorale da un pivello del gioco ci si sarebbe potuti aspettare una gaffe, un cedimento, uno scivolone, insomma una cazzata. E invece no, con una sensibilità politica che in altri tempi faceva parlare di “tocco magico” se riferita a Berlusconi e di “paraculismo” se riferita ad altri, Grillo ha capito esattamente le insidie della partita e i punti deboli degli avversari.
Il comico genovese ha infatti intuito che se il suo movimento fosse finito a fare da stampella al Pd avrebbe già disperso una caterva di consensi. E allora con un cinismo degno di Andreotti sta tentando in tutti i modi di spingere il partito di Bersani in un abbraccio mortale col Pdl, nel nome di una “salvezza nazionale” da cui lui potrebbe trarre nuovo consenso intriso di rabbia. “Vedrete, si metteranno d’accordo!”, strepitava ancora ieri, dando fiato alle sue speranze più che alle sue paure.
Ma il Pd sembra non starci. Nonostante le tentazioni di alcune sedicenti “menti” dei democratici, l’accordo col Pdl pare non si farà. Troppo contraria la base e, soprattutto, troppo evidente il regalo che si farebbe al comico genovese. Parte allora la contromossa democratica: tentare di insidiare il movimento 5 stelle, scavare da dentro, provare ad attrarre – con proposte concrete e melliflue all’udito del popolo anticasta – su un terreno di dialogo l’intero gruppo grillino, o almeno brandelli di esso. Così si potrebbero ottenere i numeri per fare un governo, ancorché provvisorio, e – soprattutto – così si priverebbe il movimento di quell’insopportabile aura di virginalità politica che presto o tardi dovrà cadere.
Come detto però, Grillo sta dimostrando di essere più bravo come politico che come comico. Blinda i suoi e rilancia: già che nel Pd tira aria di voler “provocare” i grillini scaricando su di loro la responsabilità del governo – della serie “siete bravi a parlare, mo vediamo cosa sapete fare” – l’urlatore biancochiomato gioca d’anticipo. Chiede lui al Pd di appoggiare un governo M5s, costringendo Bersani a bollare come “proposta poco seria” un’idea che girava in primis tra i suoi.
Grillo, insomma, più politico dei politici finora. Ma – e questo pare saperlo benissimo – circondato da bravi guaglioni di una “straordinaria incompetenza”. Quando in Parlamento ci saranno 160 dei suoi, e non lui, se non potrà controllarli col joystick ne vedremo delle belle. Perché il gran capo dell’antipolitica sono anni che si addestra a fare politica, quella vera: cinica, sporca e per nulla idealistica. Ma i suoi – stando già alle prime dichiarazioni – pare proprio di no.