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PRIMARIE PD – REGOLE O TRAPPOLE?

ottobre 4, 2012

Sabato sarà il giorno della verità. L’Assemblea nazionale del Pd – mille persone di cui non poche andate disperse – ha il compito di riscrivere le regole delle primarie. Una prima modifica è necessaria per consentire ad altri candidati democratici (ad esempio Matteo Renzi), oltre al segretario Pierluigi Bersani, di sottoporsi al voto. Le altre sono il motivo delle tensioni che attraversano il partito in questi giorni.

Non sembra destare particolare scandalo la richiesta che i candidati presentino un numero minimo di firme. Si può trattare sul numero – e ovviamente lo stanno facendo – ma il principio è corretto. Anche l’iscrizione a un “albo degli elettori”, che se messa in una certa luce può prendere i contorni inquietanti di una schedatura o di un giuramento (“ma se poi vince Renzi, mica sono obbligato a votarlo alle politiche?”, mi ha chiesto un amico vendoliano), in realtà è poca cosa. Anche nelle primarie del passato si lasciavano nome, cognome e recapito. E’ auspicabile che non si vada molto oltre a questo.

Più complicata la questione del doppio turno. Il sindaco di Firenze protesta: “Non si è mai fatto finora, perché iniziare adesso?”. Il suo timore è che in un eventuale secondo turno, tra lui e Bersani, chi al primo ha votato per Vendola concentrerebbe il voto sul segretario Pd, ritenuto più “a sinistra” di Renzi. Ma da un punto di vista logico il doppio turno non è sbagliato (al netto del problema che per votare si paga…), specie se ci sono molti candidati. Se uno di loro prevalesse con, magari, poco più del 30% sarebbe una debolezza.

La regola che invece è più scandalosa, e che legittima i peggiori sospetti sulle intenzioni della nomenclatura di partito spaventata dal candidato “rottamatore”, è quella per cui dovrebbe poter votare al ballottaggio solo chi ha votato anche al primo turno. Non se ne vede un reale fondamento. In compenso se ne vede perfettamente l’utilità per l’apparato di partito che, potendo muovere le “truppe cammellate”, spera di prevalere rispetto a chi magari raccoglie le simpatie di un’opinione pubblica più vasta ma meno determinata a votare – e pagare – due volte per delle primarie. Va scartata senza indugio.

Una soluzione di compromesso potrebbe essere chiedere un solo pagamento per ambedue i turni. Chi paga al primo, potrà partecipare gratuitamente al secondo mostrando il solito tagliandino che certifica il versamento di tot euro. Chi non ha partecipato al primo turno – o ha smarrito il tagliandino, come probabilmente succederebbe al sottoscritto – potrà partecipare al ballottaggio pagando quanto deve. In questo modo si mantiene il doppio turno, garantendo che il futuro candidato premier abbia almeno il 50%+1 delle preferenze; si incentiva chi ha votato una volta a farlo anche la seconda (“tanto è gratis” è un meccanismo che funziona sempre); e non si preclude la possibilità a chi al primo turno era malato, all’estero, in sala parto o comunque impedito, di votare per il ballottaggio.

Certo, se il malcelato intento è quello di far votare soltanto i fedelissimi e i militanti (un ottimo modo per scegliere un candidato che difficilmente ruberà voti alla scorsa maggioranza), allora non esiste compromesso possibile. Sarà il segretario Bersani a decidere su che tipo di decisione mettere la faccia.

Tommaso Canetta